Lungo la via Tiburtina, strada consolare, sorsero nel tempo molte necropoli e complessi catacombali, il più noto dei quali è quello di S. Lorenzo fuori le mura, sul quale sorse poi l’importante Basilica omonima.
La catacomba di Novaziano fu scoperta solo nel 1926 durante dei lavori stradali sull’allora Viale Regina Margherita (oggi Regina Elena), all’angolo con la Via Tiburtina, di fronte alla Basilica di San Lorenzo, a 150 metri da questa. L’ingresso moderno è dal civico 303. Quest’area, compresa fra Via Tiburtina, Viale Regina Elena, Via del Castro Laurenziano e l’edificio di Medicina Legale, è rimasta una zona non edificata a seguito del rinvenimento in superficie di una necropoli, compreso un mausoleo, di età augustea. Una struttura absidata ha fatto pensare ad una basilichetta subdiale collegata alla catacomba.
La fondazione dell’impianto primitivo si fa risalire addirittura al 240-250 e se ne attesta l’utilizzo fino al IV secolo. Accolse circa un migliaio di inumazioni e copre un’area di notevole estensione, con un’ampiezza di 500 x 50 metri sui due assi. L’impianto è su due livelli “a spina di pesce” e “a graticola”. Alcune frane permettono oggi di percorrere solo 800 metri di gallerie. L’altezza di molte gallerie fa ipotizzare un loro ampliamento realizzato scavando il suolo. I riempimenti (solo in parte scavati) che interessano alcune zone più antiche furono effettuati con terra di scavo proveniente da altri settori più recenti. Negli interri, in momenti differenti, furono poi ricavate delle tombe a “forma”. Partendo dai nuovi piani di calpestio furono scavati altri ambulacri i cui accessi, dopo la rimozione degli interri, risultano oggi “sospesi”.
Poiché non è menzionata in nessuno degli “itinerari” ad uso dei pellegrini, redatti a partire già dal VII secolo, la catacomba non fu più frequentata e fu quindi ritrovata inviolata, con la maggior parte dei loculi ancora chiusi. Inizialmente fu identificata nei giornali di scavo della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra come Cimitero anonimo di Piazzale S. Lorenzo; i lavori si svolsero già a partire dal 1926 e interessarono il piano più superficiale, realizzato, con pianta irregolare, durante il IV secolo e ritrovato quasi completamente spogliato. Nel 1930 si scoprì il II piano, molto meglio conservato del primo. Queste nuove gallerie furono svuotate ed esplorate nel 1932 e fu allora che si scoprì, il 1° di aprile, un sepolcro con un’epigrafe a minio che così recita: NOVATIANO BEATISSIMO MARTURI GAUDENTIUS DIAC(onus). Essendo la catacomba ignota alle fonti agiografiche e topografiche antiche, nacque sin da subito un dibattito molto acceso sull’identificazione di Novaziano, tanto da far sorgere la cosiddetta “questione novazianea”. L’ipotesi che si tratti dell’antipapa scismatico martirizzato sotto Valeriano e Decio (257-258), sostenuta inizialmente da Styger, è quella ancora più accreditata. Altri, fra cui Enrico Josi, lo scopritore di queste catacombe, hanno ritenuto fosse invece il martire ucciso durante le persecuzioni di Diocleziano (284 – 305). Testini ritiene che se si trattasse dell’antipapa scismatico, sulla lapide sarebbe stato riportato il titolo di vescovo, che la galleria dov’è presente il loculo è databile al 270 e che non esistono segni di eresia. A favore dell’identificazione della tomba con quella dell’antipapa vi è invece una diversa datazione, il 260, e una brusca interruzione della frequentazione dell’ipogeo, all’inizio del V sec. d.C., proprio quando i beni dei novazianisti, cui il complesso sarebbe appartenuto, iniziarono ad essere confiscati. Parliamo di frequentazione e non di semplice utilizzo, a significare che non solo non ci furono più sepolture ma che si interruppero anche i pellegrinaggi al sepolcro del martire.
La galleria su cui si apre la tomba di Novaziano, sebbene abbastanza stretta (80 cm.), si trova in un punto centrale dell’area più antica della catacomba. Il sepolcro consiste in una cassa sormontata da un arco in muratura. Trattasi di una “forma ibrida tra l’arcosolio, dai quali si distingue per le dimensioni ridotte della cassa, e la tomba “a mensa”, rispetto alla quale presenta uno sviluppo della nicchia significativamente anomalo” (A. Rocco). La tomba si doveva inizialmente presentare come una cassa parallelepipeda tagliata nel tufo su tre lati e foderata di marmo, chiusa sul davanti da un parapetto in muratura a tufelli e mattoni rivestita da intonaco bianco sul quale è incisa l’iscrizione realizzata da Gaudente in onore di Novaziano. L’iscrizione oggi visibile fu solo temporanea: venne infatti coperta da un rivestimento marmoreo oggi non più presente. Anche l’arco soprastante, ugualmente realizzato a tufelli e mattoni, era ricoperto in marmo. L’identica tecnica di realizzazione lo fa ritenere contestuale al parapetto e porta a datare il tutto, anche a seguito di ulteriori studi, a non prima della metà del IV secolo. La monumentalità del sepolcro, la sua centralità rispetto al complesso catacombale e le dimensioni contenute della tomba (160x35x30 cm) fanno pensare comunque ad una traslazione del corpo. Sulla volta della galleria, nelle immediate vicinanze della tomba, è presente uno stretto lucernario. Al momento della scoperta della tomba si ritrovarono anche delle tessere di smalto rosso e marmo verde
Da notare inoltre un cubicolo appartenente ad una famiglia di cavalieri, che ha restituito 4 bei sarcofagi, tre dei quali con scene del Vecchio e Nuovo Testamento, databili al IV sec, fra le quali l’Epifania, Lazzaro, Mosè, Adamo ed Eva, Daniele nella fossa dei leoni, la negazione di Pietro. Il grande sarcofago ospita Tulliano e sua moglieeAristia. Gli altri tre i loro figli: Florenzio, morto a nove anni, Aurelio, deceduto a cinque anni, e Atronio Fidelico.
Fra i loculi, quello di Antistia Euphanilla, morta a 25 anni, si distingue per una cornicetta in stucco composta di una doppia ovolatura affrontata e di una perlinatura: da un’apertura sul lato superiore si sono potuti osservare, perfettamente conservati, i resti della ragazza, con brandelli della veste e dell’acconciatura a fili d’oro e grossi ciuffi di capelli.
Il II piano, la parte più antica, conserva in gran quantità iscrizioni dipinte in rosso (minio) direttamente sui laterizi o su fondo bianco, o anche graffite e incise sulla malta fresca posta a ricoprire i molti laterizi di chiusura ancora intatti. La zona tarda è invece caratterizzata da un numero maggiore di iscrizioni incise su marmo.
Sono stati anche rinvenuti, affogati nella calce di chiusura dei loculi, figurine in osso con gli arti snodati, piattini metallici, monete, anforette e lucerne in terracotta, ampolline vasi e piattini in vetro, dischetti, quadratini e ovali in pasta vitrea e in osso. Un rettangolino in pasta vitrea riporta la raffigurazione del bue Apis.
Singolare, infine, la presenza di alcuni loculi longitudinali alle pareti, con il cadavere coperto da una serie di tegole inclinate che si appoggiano dalla parete al piano.
BIBLIOGRAFIA.
Bisconti F., Fiocchi Nicolai V., Mazzoleni D. "Le catacombe cristiane di Roma", Schnell & Steiner, 1998
Cioffarelli A. – Natale M.T., “Guida alle Catacombe di Roma e dintorni”, Bonsignori Editore, Roma 2000
De Santis L. - Biamonte G., "Le catacombe di Roma", Newton Compton, Roma 1997
Fiocchi Nicolai V.-Stasolla F.R. “L'archeologia delle pratiche funerarie. Periodo tardoantico e medievale e mondo bizantino" in Enciclopedia Treccani
Rocco A. “La tomba del martire Novaziano”, in Vetera Christianorum 45, 2008.
Testini P. “Archeologia Cristiana: nozioni generali dalle origini alla fine del sec. VI”, Edipuglia, Bari 1980
Giornali di scavo e verbali della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra