Sepolcro degli Scipioni

 

Provenendo da Roma, lungo il tratto dell'Appia Antica all'interno delle Mura Aureliane che oggi porta il nome di Via di Porta S.Sebastiano, poco prima del cosiddetto Arco di Druso, vi è l'accesso al sepolcro degli Scipioni.
 Nel 1780 i fratelli Sassi, due sacerdoti che possedevano la vigna soprastante, allargando la cantina della loro casa costruita su altra antica, scoprirono il sepolcro. Lo scavo fu la devastazione di uno dei più importanti sepolcri romani, per quanto controllato dall’allora Commissario alle Antichità. Conseguentemente, quando nel 1926 fu compiuta l’esplorazione generale e la liberazione del sepolcro non si trovò più nulla né di scritto né di figurato, perché tutto era stato, secondo l’abitudine del tempo, portato nei Musei Vaticani. Si sono invece rinvenute e messe in luce tutte le parti non scritte dei sarcofagi alle quali sono state ricongiunte copie fedeli di quelle asportate. 
Il lavoro non è stato facile perché si sono dovuti sostituire i massicci muri di rinforzo realizzati dai Sassi con colonne e travi d’acciaio. Ulteriori e complessi lavori di consolidamento, terminati nel 2011, hanno finalmente restituito a studiosi, appassionati e turisti questo importante sito archeologico.
Gli Scipioni erano una delle più celebri famiglie patrizie della Roma repubblicana e il sepolcro era un vero e proprio monumento: esso aveva una grandiosa facciata decorata con mezze colonne. Alla base della facciata, intagliata nel tufo (cappellaccio) stesso della collina completandola con blocchi dove mancava, si addentravano le gallerie del sepolcro, di altezza d’uomo e larghe un paio di metri, nel fianco delle quali si aprivano nicchie nelle quali trovavano posto i sarcofagi. Essi sono di varia forma e dimensione: alcuni furono costruiti sul posto con massicce lastre di tufo, altri sono scavati in blocchi squadrati con pareti sottili, completati da un coperchio. Soltanto per una cornice fu utilizzato del travertino. Il sarcofago di Lucio Scipione Barbato, console del 298 a.C., a differenza di tutti gli altri, è scolpito con grande finezza in un caratteristico stile ellenistico. Qui comunque non vi fu mai sepolto il personaggio più famoso nella storia della famiglia: Scipione l’Africano.
Le gallerie disegnano un quadrato di circa 11 metri di lato, diviso in quattro parti da due altre che si incrociano; una galleria centrale conduceva dall’ingresso alla nicchia in cui fu collocato il grande sarcofago di colui che fu probabilmente il fondatore del sepolcro. Ma con il tempo furono aggiunte nuove nicchie, 32 in totale, fino a compromettere la stabilità della tomba. Venne inoltre aggiunta una galleria obliqua sulla destra, isolata dalle altre, illuminandola con una finestra arcuata che venne ad aprirsi nel podio di destra. Tutte le tombe sono ad inumazione ad eccezione di due, molto più tarde, che rappresentano probabilmente una ripresa delle sepolture nel I secolo d.C., dopo un lungo periodo di inutilizzo. Poi arrivò l’abbandono, ed infatti tutte le iscrizioni d’epoca imperiale rinvenute in questa zona non appartengono più a membri della famiglia ma a liberti.
Nel III secolo d.C. alcune case si sovrapposero ai sepolcri ed alcune murature di rinforzo si ritrovano anche all’interno delle gallerie sottostanti. Nella stessa area sono stati ritrovati resti di catacombe e colombari.

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per Roma Sotterranea, Adriano Morabito


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